Letteralmente è l’accusa rivolta dal Pubblico Ministero all’imputato.
Contiene:
- le generalità dell’imputato
- l’indicazione del reato contestato con i relativi articoli di legge violati
- una breve esposizione dei fatti
- l’indicazione del luogo e del giorno della commissione
- il nominativo dell’eventuale persona offesa.
In alcuni casi il capo di imputazione è nullo e quindi la sua errata dicitura può dar luogo a regressione del procedimento alla fase precedente o addirittura ad assoluzione, perché i fatti sono stati erroneamente descritti o definito.
Può accadere ad esempio che un fatto venga qualificato come reato, ma che in realtà sia solo un illecito amministrativo (o lo sia diventato negli anni in cui il procedimento penale è rimasto pendente); oppure può succedere che non sussista del tutto, oppure ancora che sussista un reato meno grave di quello descritto nel capo di imputazione e quindi si ha la cosiddetta riqualificazione giuridica del reato o derubricazione.
E’ quindi molto importante studiare approfonditamente anche questo aspetto, che può apparire solo una formalità di poco conto, ma che è invece il cuore dell’accusa, il motore essenziale del procedimento: e se mal congeniato può condurre all’assoluzione.
In un caso che mi è capitato, le generalità dell’imputato erano parzialmente errate e, solo esaminando gli atti del fascicolo del Pubblico ministero, è emerso che vi era stato un vero e proprio scambio di persona, dovuto ad omonimia. Seppure possa sembrare uno sbaglio macroscopico e grossolano, non è stato affatto semplice dimostrare che il mio assistito era estraneo ai fatti, perchè c’erano molti elementi comuni tra il mio cliente ed il reale colpevole.
Spesso è più difficile difendere un innocente che un colpevole.
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